NOTE SU LA MONTAGNA E L’EVOLUZIONE DELLA SUA RAPPRESENTAZIONE GRAFICA

Molti secoli sono trascorsi invano prima che l’animo di poeti, scrittori, pittori si emozionasse al cospetto di una visione montana. Un diaframma culturale negativo che risale alla classicità quando solo la natura assoggettata dall’uomo, il giardino o la campagna fertile erano il prototipo del “locus amoenus” contrapposto al “locus horridus” della natura selvaggia, lontana, improduttiva, repulsiva e misteriosa. Ci sono volute due rivoluzioni concomitanti per mutare questo diaframma culturale. A cavallo tra sei e settecento si produce infatti un ribaltamento di prospettive nelle scienze e nelle concezioni estetiche. L’accettazione della sfida dell’orrido e del selvaggio apre un nuovo orizzonte spirituale nell’animo umano: una promessa di ricche e inedite emozioni che si trasformano in nuove esperienze artistiche e letterarie che preludono alla stagione del Romanticismo. D’altro canto l’affermarsi del “metodo scientifico sperimentale” illumina di nuova luce le orride vette alpine, rivelandole come il più grandioso laboratorio di esperienze che la Natura potesse offrire. Il titolo di una famosa opera scientifica di quegli anni sintetizza questo nuovo sentire: ”Lo Spettacolo della Natura”.

Di fronte a questo spettacolo i primi illustratori ne furono sconcertati e nelle loro prove riscontriamo l’evidente difficoltà di lettura di un paesaggio così insolito. Rocce e ghiacciai assumono aspetti e forme inverosimili che a stento riusciamo a ricondurre ai soggetti originali. Una approssimazione e una goffaggine simile a quella delle raffigurazioni infantili della figura umana. Parimenti è in questi primi illustratori una inadeguata conoscenza dell’ “anatomia della natura alpina”.
Eccezione significativa era stato Leonardo tra 4 e 500, non per nulla precursore anche della raffigurazione anatomica. Il disegno della natura era per lui il solo mezzo per cercare di entrare nel suo segreto. Nel disegnare una formazione di rocce stratificate Leonardo è attento ai minimi particolari, quasi cercasse di riprodurre su un foglio di carta il loro processo di creazione. Ecco perché i suoi disegni di montagne sono così accurati da esserne i soggetti facilmente identificabili. Quattro secoli dopo John Ruskin, il massimo studioso di estetica alpina si sentì in dovere di studiare geologia per cercare di scoprire e illustrare “la verità delle montagne”.

L’occhio attento alla natura e non solo sopraffatto dall’emozione lo troviamo, per primi, in due pittori paesaggisti William Pars (1770) e Caspar Wolf (1773-1776) che, quasi contemporanei, raffigurano il paesaggio alpino. La loro opera viene in particolare ampiamente diffusa dalla trasposizione dei loro oli o acquerelli in incisioni su rame, quindi riproducibili in stampe autonome o che verranno ad illustrare volumi. Significativo è il fatto che le affascinanti vedute di alta montagna di C. Wolf furono incise e stampate da Abraham Wagner esperto di geologia.

Da quegli anni cresce il flusso di visitatori nelle Alpi, attratti da due poli principali: il Monte Bianco e l’Oberland Bernese. Con la conquista del M. Bianco e soprattutto con la sua ascensione da parte di De Saussure, questa montagna diventa il soggetto principale dell’iconografia alpina. Curiosamente non esiste una incisione che raffiguri la conquista di Paccard e Balmat, mentre numerosissime sono quelle dedicate a De Saussure, conseguenza della maggiore risonanza che l’ascensione dello scienziato ginevrino ebbe negli ambienti scientifici e non dell’intera Europa. Con queste immagini abbiamo le prime illustrazioni dell’azione alpinistica, dapprima goffe e spesso ingenue poi sempre più definite nell’azione come nell’in-folio di J.D. H. Brown.

Tra la fine del 700 e i primi decenni dell’800 si sviluppa una tecnica di incisione assai raffinata, l’acquatinta a colori, che ci restituisce una visione particolarmente affascinante del paesaggio alpestre. I toni di colore ricchi e delicati e la loro luminosità coi quali le vedute vengono riprodotte, purtroppo in poche copie data la complessità dell’esecuzione, sembrano ideali per raffigurare quella “nuova arcadia” preconizzata da Haller nel suo poemetto “Die Alpen”. I Lory sono i più noti e abili autori soprattutto per il paesaggio alpino, pubblicando sontuosi album che illustrano, tra i molti, il Monte Bianco e la valle di Chamonix, l’Oberland Bernese e la strada del Sempione. J. Wetzel si è dedicato ai laghi alpini e prealpini e di J.J. Meyer è l’illustrazione delle nuove carrozzabili delle Alpi centrali. Proprio le strade aperte nella catena alpina, che tra il 1820 e il 1830 favorirono lo sviluppo del turismo alpino, sono il soggetto di una grande opera illustrata da W. Brockedon che utilizza una nuova tecnica, l’incisione su acciaio. Questa rispetto a quella su rame permette una finezza maggiore di dettaglio e di chiaroscuro e una possibilità di elevate tirature, consentendo una produzione editoriale non solo rivolta ai ricchi frequentatori dei Grand Tour. Parallelamente nasce un’ulteriore tecnica di riproduzione grafica: la litografia. Il segno che si forma sulla pietra litografica traduce nel modo più diretto l’intenzione dell’artista e la facile possibilità di toni colorati rende la litografia uno strumento assai versatile per riprodurre il paesaggio alpino. Gran parte dei volumi illustrati dei pionieri vittoriani dell’alpinismo sono illustrati con questa tecnica. Ricordiamo le dieci scene della scalata del M.Bianco di J.D.H. Brown in cui scalatori e guide sono rappresentati con grande realismo e drammaticità; o l’album Peaks and Valleys of the Alps di E. Walton ricchi di suggestione romantica. Lo sviluppo delle tecniche grafiche sembra assecondare la necessità di nuove espressioni visive legate a un nuovo modo di vivere il rapporto con la montagna. E. Whymper, forse la prima più rappresentativa figura di alpinista sportivo, è un provetto disegnatore e maestro nell’incisione su legno, diffusissima tecnica grafica nella seconda metà dell’800, specie per illustrazioni popolari e per periodici. La vocazione alpina di Whymper è proprio conseguenza di questa sua professionalità e ce ne dà un superbo esempio nelle illustrazioni del suo libro, dove non solo vedute, ma momenti di azione sono espressi con notevole efficacia e costituiscono un modello centrale nell’immaginario alpino. Dai nomi che abbiamo elencato ultimamente ci rendiamo conto che i più significativi illustratori della montagna sono essi stessi alpinisti o assidui frequentatori della montagna e così due figure quasi antitetiche che chiudono e aprono la nuova stagione dell’iconografia alpina: E.T.Compton pittore acquerellista attivo soprattutto in Germania le cui immagini delicate e poetiche hanno avuto una vasta diffusione in libri e periodici fino ai primi anni del 900 e V. Sella il primo più importante rappresentante della rivoluzionaria riproduzione fotografica che rapidamente ha sostituito la soggettività dell’artista con l’oggettività del reale.

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