Nel 150° della prima ascensione del Cervino

Una voce dal Cervino

Questo racconto un po’ fantasioso, dedicato a una sommaria storia alpinistica del Cervino, mi è stato suggerito da una lettera di E. Whymper che viene qui riprodotta. Fu indirizzata all’alpinista e storico H. F. Montagnier del quale nel 1998 acquistai una raccolta di preziosi libri e documenti di grande interesse alpinistico. E’ questa sua lettera una delle ultime, se non l’ultima, scritta a sole tre settimane dalla scomparsa. Quella sua vena di humor e understatement, tipicamente britannici, nasconde in realtà un drammatico momento. Ormai malato e stanco Whymper viene a Zermatt per vedere ancora una volta la vetta che gli ha segnato il destino più di ogni altra. Ma 46 anni dopo il piccolo villaggio è diventato una mecca del turismo internazionale, con sempre il “tutto esaurito” in alta stagione; così per il vecchio conquistatore della cima che lo incorona, si trova a fatica solo una sistemazione di ripiego.

E’ incredibile che per me, Edward Whymper il conquistatore del Cervino, oggi 21 agosto 1911 in nessun albergo si sia trovato un letto libero. Zermatt è strapiena di tedeschi e americani! Monsieur Gindraux, un po’ seccato per le mie insistenze, mi ha infine trovato un posto lassù nell’altro suo albergo, il Gornergrat Kulm. Sono stato confinato in un abbaino, una stanzetta con un soffitto spiovente che mi costringe a tener piegata la testa e, causa la mia angina, quest’aria di 3000 metri mi rende il respiro affannoso. Se sto sdraiato è peggio. Ma per fortuna dalla finestrella mi posso godere uno spettacolo grandioso: vedo Lui e preferisco star seduto a guardarlo. Ora è notte e il cielo è straordinariamente stellato; non è ancora sorta la luna, così lo distinguo dalla sua silhouette che è come una carta assorbente nera che ha prosciugato la luce delle stelle. E’ l’ultima volta che lo vedo, lo so, me lo sentivo da un po’ e per questo, nonostante i consigli contrari del medico, ho intrapreso quest’ultimo viaggio, simile ai tanti che quasi ogni estate mi riportava sulle amate Alpi. Poi ci tenevo a chiudere l’incresciosa vicenda col Reverendo di Grindelwald. E’ da quarant’anni esatti che litighiamo, da quando uscì il mio libro e lui mi accusò di falso per quell’immagine della cresta della Barre des Ecrins a pag. 217. Voglio andarmene senza lasciare nemici. Lo incontrerò a casa sua tra qualche giorno; poi a Ginevra sistemerò gli affari con Kundig, il rivenditore delle mie foto e delle mie guide e infine, se ci arriverò, andrò a Chamonix a rivedere la mia Aiguille Verte.

Ecco, è sorta la Luna e la sua luce argentea illumina la parete est. E’ incredibile come non ci si sia accorti prima che la cresta nord est dell’Hörnli era la più facile. In verità nel 1860 i tre fratelli Parker si erano alzati parecchio stando sulla parete est ed erano ulteriormente avanzati l’anno dopo: non sapevano di essere sulla via giusta. Mancò loro coraggio e determinazione e si fermarono a circa 3600 m. Già da tre anni venivano fatti tentativi dal Breuil da cacciatori locali e i più arditi, specie il più determinato tra loro Jean Antoine Carrel, arrivarono alla Cheminée. La prima volta che vidi da vicino il Cervino fu proprio dal Breuil il 28 agosto 1860; ne feci solo un disegno per l’editore che pagava i miei viaggi alpini. Venni a sapere che poco prima due inglesi, Tyndall e Hawkins con la guida Bennen, si erano fermati sotto la Grande Tour. Mi attiravano altre montagne e solo a fine agosto dell’anno seguente ritornai al Breuil quando due del posto, Jean Antoine e Jean Jacques Carrel, erano sulla montagna. Cercai di seguire le loro tracce e arrivai anch’io alla Cheminée, ma loro avevano raggiunto più sopra la Crête du Coq, facendo sulla roccia una rozza incisione, una specie di attestato di possesso! Quello era stato il primo dei miei otto tentativi per la cresta del Leone, dieci furono quelli fatti da altri prima che io arrivassi sulla cima. Sì il Cervino era diventato una mia ossessione e solo nel 1862 vi feci cinque tentativi, tra cui uno il 18 luglio da solo, e per poco non si concluse con la mia fine prematura. Scivolai nel canalone del Colle del Leone e così sono stato il primo alpinista a raccontare con lucidità e analisi un’esperienza drammatica che avrebbe potuto rivelarsi fatale. Poiché è assai raro che si sopravviva ad una simile caduta, può essere interessante ricordare tutte le sensazioni che provai cadendo. Avevo perfetta conoscenza di quel che mi capitava e percepivo nettamente ciascun colpo; ma come uno che sia operato sotto l’influenza del cloroformio, non sentivo dolore alcuno. Ogni colpo era più violento del precedente e ricordo perfettamente d’aver pensato: ‘Se il prossimo è più violento, sarà la fine!’. Come è già stato provato da individui salvati mentre stavano annegando, il ricordo di una moltitudine di avvenimenti attraversò la mia mente; molti fatti assurdi o banali già da tempo dimenticati; e lo strano si è che i miei salti nello spazio non avevano nulla di spiacevole. Credo però che se la distanza fosse stata maggiore, avrei perso completamente i sensi; da ciò la mia convinzione, in apparenza assurda, che la morte causata dalla caduta da una considerevole altezza sia una delle meno dolorose che si possano subire. Quasi esattamente tre anni dopo avrei dovuto assistere ad una ben più tragica conclusione! Un altro ossessionato quanto me era Jean Antoine Carrel; anche lui fece otto tentativi, ma ho sempre avuto la sensazione che non volesse dividere con altri la conquista di quella che riteneva la “sua” montagna. Solo così si spiega la sua passività o addirittura contrarietà dimostrata con Tyndall nel luglio 1862, quando la sua guida Bennen si bloccò poco oltre il picco intitolato allo scienziato inglese. All’invito a continuare Jean Antoine Carrel rispose. “ Proseguire io? Che ci pensi la vostra guida Bennen , io sono stato ingaggiato solo come portatore! E tornarono tutti indietro dal punto più alto fino a quel momento raggiunto sulla cresta del Leone. Nell’agosto del 1863 tentai ancora con Carrel, solo con lui avevo speranze: era l’unica guida che credeva nel successo. Ma dopo una notte con una bufera terribile e le rocce imbiancate non arrivammo oltre al Crête du Coq, così ancora una volta fummo sconfitti. Nel 1864 la montagna fu lasciata in pace, nessuno la tentò, ma al solstizio d’estate di quel fatale 1865 ero di nuovo ancora ai suoi piedi, e questa volta alla base della cresta del Furggen, ma ben presto una scarica di sassi e le mie guide Almer, Biner e anche Michel Croz mi dissuasero, così ci dirigemmo al Monte Bianco a mietere una incredibile serie di conquiste tra cui le Grandes Jorasses e l’Aiguille Verte. Ma il richiamo del Cervino era irresistibile, io però ero rimasto senza guide: Almer del Cervino non ne voleva sapere, Croz era in attesa di un cliente che lo aveva ingaggiato e Carrel? Appena arrivai al Breuil capii che si stava tramando una specie di congiura contro di me. La distinta famiglia con la quale si era impegnato era niente meno che un emissario di Quintino Sella che voleva la conquista del Cervino come primo grande alloro per l’appena fondato Club Alpino Italiano. Solo e quasi senza speranza il 12 luglio decisi di tornare a Zermatt, ma il destino aveva preparato incredibili colpi di scena. Subito al Breuil incontrai Lord Francis Douglas appena reduce dall’Obergabelhorn e desideroso di salire il Cervino, la cui guida Peter Taugwalder padre lo aveva convinto della possibilità di salita per la cresta dell’Hörnli. A Zermatt ritrovai Croz che ora era la guida di Charles Hudson, uno tra i migliori alpinisti inglesi in procinto di attaccare la cresta dell’Hörnli, e di Robert Hadow che non aveva molte credenziali ma era garantito da Hudson, La ruota del destino si mise a girare ad una velocità incredibile e così, dopo anni di inutili tentativi e sconfitte, al primo colpo e dopo solo modeste difficoltà il 14 luglio 1865 alle 13.40 ci trovammo in cima al Cervino, quasi fossimo burattini esecutori di un dramma già scritto. Per di più la nostra vittoria fu resa ancor più clamorosa dalla contemporanea sconfitta di Carrel e compagni che dalla vetta vedemmo a soli 200 metri sotto di noi sulla cresta del Leone. In seguito lo spettacolo esaltante, si sa, si tramutò in una delle grandi tragedie dell’alpinismo. I corpi di Croz, Hudson e Hadow li trovammo alla base della parete Nord, ma Lord Douglas è ancora custodito tra gli anfratti del gigante. L’argentea luce di una luna quasi piena riesce ora ad illuminare di striscio anche la parete Nord e in quest’ora della notte, che in alta montagna è così misteriosa e carica di potenti suggestioni, mi pare di avvertire una singolare vicinanza col suo spirito, e non solo…mi sembra di percepire la voce del mio sfortunato compagno!”

sono proprio io, Lord Francis Douglas, e la ragione per la quale mi puoi sentire è perché, ne sei ben conscio anche tu, tra qualche giorno ci ritroveremo! So che invidi il mio monumento funebre, il più grandioso che un lord come me abbia potuto desiderare, il più nobile scoglio d’Europa”. Da qui ho vissuto e vivrò con lui la sua nuova storia, quella che dal quel glorioso e infausto giorno noi e poi intere generazioni di alpinisti abbiamo scritto e scriveranno. Le sue quattro creste e le quattro pareti sono come grandi pagine, e non immagini quanto, fra 150 anni, saranno fitte di avventure e storie di questo meraviglioso sport.

Le prime pagine le conosci anche tu, ma io ti posso raccontare anche quello che succederà e ne sarai sbalordito. Prima tuttavia mi preme chiarire con te alcune questioni non secondarie che riguardano la nostra scalata e in ciò avvertirai anche un rimprovero. Si sa che la Storia la scrivono i vincitori e i sopravvissuti e tu sei stato entrambi, anzi l’unico, così la storia della prima ascensione del Cervino è quella che hai scritto tu nel tuo ‘Scrambles amongst the Alps’, che passa per uno dei grandi classici dell’Alpinismo! Non voglio insinuare che tu abbia scritto delle falsità, ma omissioni, devi ammettere, ne hai fatte tante. Volute? Di certo hanno contribuito a fare di te l’“unico” conquistatore del Cervino, ruolo che si confermerà ad ogni celebrazione, potrai constatare infatti come in quelle occasioni solo il tuo nome, tra quelli dei protagonisti, campeggerà in discorsi, su manifesti, insegne di alberghi o locande, indumenti, chincaglierie varie per turisti e addirittura dolci!. Ti ricordi invece di come si svolsero gli avvenimenti di quei concitati giorni? Di quando ci siamo trovati per puro caso al Breuil? Avrei potuto fare a meno di imbarcarmi in quella faticosa doppia traversata. Da Zermatt ero infatti venuto per cercare di ingaggiare anche Carrel, perché il solo Taugwalder non mi sembrava sufficiente per scalare il Cervino, ma non l’ho nemmeno trovato e mi dissero che si era impegnato con altri. In questo frangente ho invece fortunosamente trovato te, quasi disperato perché sia Croz che Carrel ti avevano abbandonato. Senza guide, senza compagni e senza saper cosa fare, sembravi ormai escluso dalla corsa al Cervino, e non ti è parso vero che ti annunciassi che avevo in programma di salire per la cresta dell’Hörnli, che tu non avevi mai presa in considerazione, pur avendone percorso la base tante volte, l’ultima solo il mese prima, tra l’altro dimostrando un ben scarso “fiuto” nell’individuare una via di salita! Così come ospite ti sei aggregato alla mia cordata, comportandoti poi come padrone. Anzi doppiamente padrone, perché lo fosti anche col Reverendo Hudson che incredibilmente incontrammo a Zermatt e che generosamente accettò che ti unissi a loro. Per capacità alpinistiche Hudson non era certo inferiore a te, anzi, e lo dimostravano non solo le sue imprese, ma anche, in questa occasione, il suo fiuto alpinistico avendo egli individuato autonomamente nella cresta dell’Hörnli la migliore via di salita. In più si era assicurato come guida il grande Croz, liberatosi dagli impegni con J. Birkbeck che si era ammalato a Ginevra. Se il merito di una prima ascensione va a chi individua la via di salita, si organizza con guide e attrezzature e la compie felicemente, in questo caso tu meriteresti solo il terzo posto. Sembra che anche per il Cervino si verifichi quello storico fraintendimento di meriti che caratterizzò la prima ascensione del Monte Bianco. Non metto in dubbio le tue capacità e la tua appassionata ostinazione nel salirlo, ma altri meritano più di te di essere considerati i principali artefici della conquista del Cervino. Mi auguro che anche per questa montagna si giungerà a una storiografia più corretta e imparziale, attenta alle fonti testimoniali, che sicuramente saranno ampiamente disponibili e che permetteranno di giungere ad una corretta e veritiera descrizione dei fatti e dei meriti. Dopo questa premessa doverosa, che spero faccia riflettere, ti posso, per così dire, sfogliare le pagine più belle del libro d’oro del Cervino.

Carrel appena tre giorni dopo di noi ha infine vinto la sua cresta del Leone; la cresta di Zmutt lo fu nel 1879 e porta la firma di Frederick Mummery con le guide Alexander Burgener e Augustin Gentinetta; l’inglese è l’alpinista che con il suo only by fair meansci ha dato la più significativa lezione di etica. La cresta più ostica, quella di Furggen, è stata tentata da molti, ma gli strapiombi finali hanno finora respinto tutti. Però ti annuncio che fra 18 giorni il biellese Mario Piacenza con Joseph Gaspard e J. Joseph Carrel riusciranno a salirli contornandoli un po’ sulla sinistra. Certo il problema rimarrà un po’ aperto e nei prossimi decenni ci saranno altre varianti, sempre più prossime agli strapiombi. Le creste sono le vie di salita che la natura ci ha indicato con maggiore evidenza e sono state le prime ad essere esplorate; ma anche le quattro immense pareti ben presto stimoleranno i sogni e i desideri degli alpinisti. Già Penhall con Ferdinando Imseng, lo stesso giorno che vedeva impegnato Mummery, hanno salito la parete ovest passando per il canalone che incide la sinistra della parete, ma il suo cuore sarà percorso solo nel 1947 da Carlo Taddei, che diverrà un illustre nefrologo, e dalla guida Luigi Carrel, “Carrellino”, e con percorso ancora più diretto da Renato Daugin e Giovanni Ottin nel 1962. La parete sud così complessa, e insidiosa, articolata in speroni, canaloni e creste secondarie è stata la prima grande impresa di “Carrellino”, un vero re delle pareti del Cervino, con Enzo Benedetti e Maurizio Bich nel 1931, e altre due vie traccerà su questa parete nel 1942 e nel 1953. Sulla sinistra la cresta De Amicis sarà interamente percorsa solo nel 1933, da Amilcare Crétier, Antonio Gaspard e Basilio Olietti, ma non potranno godere della loro impresa, precipitando in discesa dalla cresta del Leone! La grande articolazione di questa parete permetterà numerose vie spesso di difficoltà estrema, come la via Casarotto-Grassi al Pic Tyndall nel 1983, o le vie di Barmasse padre e figlio nel 1983 e nel 2010. Il grande sperone che culmina nel Picco Muzio offre una parete compatta, verticale o strapiombante, un duro impegno per gli arrampicatori della seconda metà del novecento. Inizieranno i “Ragni di Lecco” G. Lanfranconi e A. Zucchi nel 1965, seguiti nel 1970 da Guido Machetto, Leo Cerruti Gianni Calcagno e Carmelo di Pietro, nel 2002 da P. Gabarrou e C. Ravaschietto e infine nel 2011 in solitaria da Hervé Barmasse. La parete est, liscia e simmetrica quasi come un cristallo, è un’altra impresa del “Carrellino” che nel 1932 la vincerà con E. Benedetti, Giuseppe Mazzotti e altre tre guide del Breuil; ben 10 ore di sforzi gli costeranno gli ultimi 300 metri della Testa del Cervino. Qui sulla parete nord che mi sovrasta nessuno si è ancora cimentato. Scura, fredda, repulsiva, ma grandiosa, verrà salita, ma ci vorranno coraggio e ardimento straordinari per affrontarla! E saranno tre momenti fondamentali della storia dell’alpinismo del ‘900. I fratelli Franz e Toni Schmid  dal 31 luglio al primo agosto 1931 apriranno la stagione del grande alpinismo classico, quello degli “ultimi tre problemi delle Alpi”. Nel 1965 dal 18 al 22 febbraio, per onorare il primo centenario della nostra salita, Walter Bonatti, forse l’ultimo grande rappresentante di una visione eroica e romantica dell’alpinismo, traccerà in solitaria e d’inverno un itinerario ancora più centrale. Tutto finito? No. Questa parete riserva ancora una pagina nascosta su cui scrivere cose nuove. La troverà un “alpinista di ricerca”. Solo con questo spirito i giovani potranno trovare idee nuove. Alessandro Gogna e Leo Cerruti dal 14 al 17 luglio 1969 apriranno la loro via sul Naso di Zmutt. Questa parete grandiosa e nascosta, quasi un mondo a parte, diventerà il più difficile ed esclusivo “playground” sulla nostra montagna, e altre difficili vie si affiancheranno a testimoniare una delle più alte mete raggiunte dal grande alpinismo proiettato verso il terzo millennio. 

Caro Edward, sei stupito di tutto ciò? In fondo ogni generazione sale sulle spalle di chi l’ha preceduta. Sono certo che Paccard e Balmat sarebbero rimasti ugualmente increduli se ci avessero potuto vedere scalare il Cervino. Sono anche certo che quello spirito dell’alpinismo nato con noi, nonostante i pareri contrari di pur autorevoli cassandre, vivrà ancora nel terzo millennio in molti giovani sempre più preparati ad affrontare i mille Cervini delle grandi catene montuose del Mondo. E tra questi vi sono proprio due giovani fratelli di qui, Simon e Samuel Anthamatten, che apriranno nel 2008, poco più che ventenni, uno nuovo itinerario sul Naso di Zmutt tra le vie di Bonatti e Gogna; con questa con le loro numerose imprese sulle grandi pareti del mondo daranno un rinnovato impulso alla storica tradizione delle guide di Zermatt”.

Ormai è quasi l’alba, un chiarore lattiginoso ha spento le stelle e con loro la voce di Lord Douglas. Faccio appena in tempo a vedere il primo raggio di sole sulla testa del Cervino che, come di piombo, le palpebre mi si chiudono e cado in un sonno profondo”.

Edward Whymper rimase a Zermatt fino alla fine di Agosto. Il 3 Settembre si recò a Grindelwald e si trattenne col reverendo W.A.B. Coolidge per l’intera giornata (si confessarono e si perdonarono i rispettivi peccati?). Il 9 a Ginevra a sistemò gli affari con il libraio Kundig e il giorno dopo giunse a Chamonix. Prese alloggio all’Hotel Couttet, come d’abitudine. La sua ultima annotazione sul diario risale al 13, poi si sentì male. Si chiuse in camera, non volle medici o visite e tutto solo il 16 spirò. Aveva 71 anni.

In quasi tutta la ricca messe di volumi sulla storia alpinistica del Cervino, anche quelli pubblicati recentemente, i ruoli di Lord Douglas e del Reverendo Hudson sono o dimenticati o poco considerati. Ben poco finora sono servite le ricerche di T. Graham Brown, in Alpine Journal 1950, p. 369, e di Arnold Lunn in Matterhorn Centenary, London 1965, nonché altri articoli sull’Alpine Journal del 1957 e del 1965. Ad essi rimando chi voglia approfondire questo controverso argomento. Ringrazio infine Romolo Nottaris che ha permesso la ripubblicazione di buona parte del testo uscito in francese e tedesco nei cataloghi 2015 della sua casa distributrice NEWROCK.

ANGELO RECALCATI

Testo pubblicato su VERTICE 2016

Postato il Categorie Cultura Alpina
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